Tecniche fluidiche
Tecniche fluidiche cosa sono e come si utilizzano
Una strana credenza pervade il mondo delle terapie osteopatiche o fisioterapiche:
una tecnica più invasiva è anche più efficace
Non funziona così – Facciamo un po’ di chiarezza sulle tecniche fluidiche e scopriamo il perché!
Come prima cosa bisogna considerare che il tessuto fasciale e la matrice extracellulare sono i tessuti più diffusi nel nostro corpo.
Il tessuto fasciale – tessuto connettivo – come il nome ci fa intuire è costituito di fasce, la fascia ha una sua propria anatomia – è costituita principalmente di acqua, collagene, fibroblasti etc. Questo tessuto connette il tutto nel tutto. Basti pensare che si trova ovunque nell’organismo:
- tendini, legamenti, epidermide e le guaine, oltre ai muscoli, ossa, organi e visceri
- costituisce il 70% del nostro peso corporeo
Madre natura è una creatura saggia e intelligente.
Quindi se nel nostro corpo un tessuto è così diffuso – sarà questo di vitale importanza? La risposta vien da sè!
Abbiamo parlato prima anche della matrice extracellulare – che ha una tripla funzione:
- protezione
- scambio di nutrienti
- ammortizzatore
In caso di trauma – sia di natura meccanica sia di natura patogena come attacchi di virus o batteri – la matrice extracellulare si modifica per proteggere i tessuti o gli organi che ricopre. Come fa? Cambia la sua struttura continuamente dallo stato gel allo stato solido.
Avendo adesso più chiaro la struttura anatomica possiamo capire l’importanza che ha in osteopatia l’andare a lavorare le strutture protettive per andare ad agire su quelle sottostanti.
In cosa consistono le tecniche fluidiche
La fascia è sensibile agli stimoli meccanici. Grazie a un processo chiamato meccanotrasduzione abbiamo il potere di cambiare lo stato della fascia stessa.
Questo comporta la facoltà di ripristinare il giusto equilibrio liberando da densità sia la fascia stessa sia tutto ciò che ad essa è collegato.
La matrice extracellulare invece – attraverso stimoli pressori – secondo il principio di epigenetica – invia stimoli direttamente al nucleo della cellula andando a stimolare il DNA.
Detto questo adesso possiamo comprendere a fondo la vitale importanza di questi due tessuti.
Siccome sono costituiti principalmente di acqua è fondamentale che l’applicazione della forza – quando si va a lavorare – sia proporzionata: l’attenzione deve essere puntata sul non caricare troppo il tessuto perché questo potrebbe reagire negativamente infiammandosi ancora di più – innescando quella che è la sua strategia difensiva.
Il carico è sempre soggettivo – in questo caso fa la differenza il terapeuta che deve avere un’ottima capacità di ascolto che gli permette di adattarsi ad ogni singolo individuo.
Una pressione che va bene su un corpo può non andare bene su un altro.
Assodato il fatto che non è assolutamente vero che una tecnica più invasiva è anche più efficace, può essere vero però il contrario.
In alcune situazioni più il tocco è delicato più il corpo reagisce e riesce a liberarsi di tutte le tossine e cataboliti accumulati nel tempo.
Nella mia ormai ventennale esperienza ho potuto riscontrare che nel nostro corpo esistono in contemporanea uno o al massimo due punti di maggiore densità – per cui si manifesta un dolore X.
Una volta individuato questo punto X e messo in leggera tensione il corpo farà tutto da solo.
Una volta liberata la tensione primaria – se ad esempio una vertebra si era ruotata per seguire la tensione stessa
rimane ruotata – allora e solo allora si può operare con una tecnica leggermente più incisiva…e sottolineo leggermente.
Io opero in questo modo quando devo applicare tecniche fluidiche: agisco con una modalità strutturale con tecnica diretta senza però costringere la vertebra a riallinearsi in modo traumatico. Posiziono la vertebra in posizione corretta e poi dirigo i fluidi affinché la vertebra si riallinei senza alcun tipo di trauma.
Con questa metodologia il corpo accoglie lo stimolo e tutto avviene naturalmente – senza paura, senza microtraumi e soprattutto senza dolore.
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